sabato 22 settembre 2012

Fiaba al tempio

Mi sono alzata, il verso dei corvi mi era insopportabile.
Sono corsa al tempio. Le case dei vicini attorno si stavano risvegliando.
Non era giorno di festa e non ci sarebbe stato nessuno, c'erano altri cinque templi nella via.
Mi versai dell'acqua sulle mani e sulla fronte, il guardiano dell'acqua era un drago di ferro, dal giovane aspetto. Quell'acqua era un'ovatta fredda e pura, faceva bene alle tempie.
Lasciai le scarpe, e non misi le ciabattine decorate di fiori che  il guardiano aveva appoggiato  da un lato.
Non c'era proprio nessuno.
Il tempio era aperto.
Il tempio era aperto non tanto perche ci fosse una porta aperta, era aperto come puo' essere aperta una via, come il cielo quando e' aperto.
Scalza, mi avvicinai alla statua di un uomo, dagli occhi penetranti, coperto parzialmente da delle tendine, tanto che per vedere gli occhi eri costretto a stare sotto il suo naso.
Il legno sotto i miei piedi era scuro con delle sfumature bluastre e delle tracce bianche, come levigato.
Sul soffitto,dei dipinti raffiguranti strani animali erano stati quasi completamente cancellati dall'umidita'.
Al centro spinsi,com'era uso, una spessa corda variopinta per far suonare la campana, poi feci un'offerta.
Il tempo era ritornato al suo posto dopo la notte passata quasi completamente in bianco. Potei stendermi e riposarmi.
Pensai a quello che mi aveva detto mio cognato, che i bambini potevano venire a giocare al tempio. Pensai alle rovine delle mura di quella citta' e al castello scomparso.
Un'arietta insolita per quella stagione rendeva la sosta ancora piu' piacevole, o forse era solo il sollievo della solitudine.
Pensai anche ai miei problemi, come succede a qualsiasi occidentale, quegli dei non sapevo come pregarli.
Non piu' di quanto sapessi dare soluzione ai miei problemi.
Altri tipi di uccelli cantavano li', i fiori di loto erano secchi, li riconobbi perche' avevano l'aspetto di quelli che si vedono a volte nelle epiceries macrobiotiche a Parigi.
Decisi di imitare qualche uccello che mi colpiva, lo imitai sei volte. Ne lodai la regolarita'.
Il pavimento di legno sul quale ero stesa si fece voraginoso.
Gli animali a meta' cancellati colavano giu' a gocce sui miei vestiti.
Dei guerrieri con delle campane sul braccio si calavano su di me e cominciavano a girarmi attorno suonando.
Vestiti di verde e di rosso vivo,giravano danzando come se si fossero fatti grosse campane essi stessi.
Sentii una voce che chiamava a raccolta e, malgrado gli occhi mi si chiudessero ammaliati dalle campane, dovetti restare sveglia.
Degli esseri dai vestiti bislacchi, quasi come dei mendicanti, usciti dal cerchio, mi fecero alzare. Anche il giovane drago si fece vivo e si sedette intorno.
La schiena mi doleva, ero rimasta troppo a lungo distesa su quella superficie totalmente piatta. Provai a mettermi in ginocchio come quegli spiriti, ma non ci riuscii.
Allora sentii una voce stridula all'improvviso comandare agli altri:
"Seeeeeeedia!"
Una sedia occidentale, dorata, venne fatta portare apposta per me. Mi chiesi cosa volessero tutti quegli spiriti. Mi sedetti.
"Hai svegliato l'incantesimo del tempio addormentato. Non succedeva da mille anni." disse un guerriero dagli occhi strabici "Ora quando uscirai toccherai lo spirito di pietra sulla testa, e questo potra' guarirti."
Mi sentivo come la millesima cliente di qualche supermarket americano. Mancavano le torte con le candeline.
"Grazie. Posso chiedere chi siete?"
"Spiriti nascosti" disse uno di loro dal viso sottile e le guance scarlatte "Hai imitato sei volte il canto degli uccelli. E' un segnale di risveglio."
"Posso chiedere un'altra cosa?"
Uno dei cavalieri sfodero' la spada facendomi sussultare, poi la infilzo' a terra.
"Questo sara' il nostro sigillo" ululo' "Cosi' non potrai rivelare  a nessuno la nostra comparsa."
"Ma da dove venite?"
"Un giorno forse vivevamo." disse quello fra loro piu' anziano, tutti si chinarono in segno di rispetto "Poi fummo raccontati e poi illustrati. Dopo molti anni ancora nessuno piu' si ricordo'."
"Mi spiace." dissi, impacciata.
Il cavaliere della spada scosse burbero la testa, poi come per ricomporsi si rimise a sedere.
L'anziano sorrise.
"Col vento ti indicheremo la strada di casa. Ma se racconterai del nostro incontro la spada ti trafiggera'.
"Capisco." Sentii tremare il suolo.
"Ora vai, e sii guarita."
"Vi ringrazio spiriti."
L'anziano diede un'occhiata verso l'alto, e verso la direzione delle rovine. Non capii cosa volesse dire.
"Quando ti alzerai dalla sedia noi scompariremo."
"Ma d'altronde se non ti alzerai scompariremo comunque"  aggiunse una voce gracchiante.
Riprese il suono quasi palpabile di quelle campane, e duro' quasi dieci minuti.
Poi tutto spari'.
Mi alzai tenendomi per i manici della sedia, ma anche la sedia spari', e mi ressi in piedi a stento.
Risentii i miei piedi toccare per terra. Il sole battere sempre piu' forte.
Con la macchina arrivarono un uomo e il suo bambino, per fare un'offerta e suonare una volta la campana. Il bambino si intimidiva e lo dovette fare il padre al posto suo. Se ne andarono anche loro, quasi subito dopo.
Toccai il suolo dove era conficcata la spada e questa mi apparse in mano.
Me la infilai nella cinta e camminai. Toccai lo spirito di pietra sul capo e la spada spari'.
Al suo posto questa penna mi cadde in tasca.
Con un leggero timore me ne andai correndo. Tutti e sei i templi erano ormai stati chiusi, chissa' da chi.
La gente tornava dai propri mestieri.
I bambini con le loro uniformi, le donne coi pantaloni lunghi e le biciclette, tra i campi di riso un odore di cipolle e di onigiri..
Ripresi il fiato e spinsi la porta di casa.
"Dove sei stata? Abbiamo gia' mangiato." disse mia sorella.
"A fare una passeggiata. Buonanotte."
Salii i trenta scalini e andai a letto.