domenica 21 marzo 2010

Passé

Che me ne importa di lei, signor cicisbeo, dalle guance deformate che ha pensato di disporre della mia vecchiaia ancora prima che si presentasse.
Assomiglia lei stesso al più mite degli amanti, detto da una che non ha mai rifiutato un innamoramento.
Ho voglia di affondare la mia corona di spine poetiche sulle sue guance. Ora capisco come il poeta Heine abbia anticipato il '900. E con lui tutto il resto.
Che me ne importa della sua dedizione, lontana, passata e marcita? Il dio dei miei ricordi, ma comunque sia un dio aspro, decaduto, come la lingua italiana. Un dio vendemmiatore, che ai poeti come a bestie domestiche richiede i prodotti ormai con pacche non più molto amichevoli.
Viviamo sempre una dimenticanza, ma ne siamo i soggetti e non gli oggetti, date le cose lugubri e pesanti che non ci dimenticano mai.
Una carta e una penna. Quante complicatezze, per esprimere la preferenza delle assonanze sulle rime, per far vagare la mente su sfrondati sentieri dopo piccoli versi amareggiati dal commento dopo una serata sotto la pioggia con cani al guinzaglio.
La filosofia è un abbaglio nel bagliore?
Quando ti senti accecato dal sonno che non vuoi più dormire ma non hai la forza di svegliarti...Analogie nel sonno, nelle gambe sotto le lenzuola.
Pulsanti della passeggiata. Forse ha ragione massi sul fatto che prima delle due non mi addormento mai? Sarà l'influsso di questo millennio.

sabato 6 marzo 2010

La neve nella mia anima

In questo oceano di barocchismi, dopo il rinascimento. Dopo il mento tirato sù con un espressione curiosa ora non c'è più niente di consistente in me. Sono come quella brina sottile che rimane sui rami degli abeti. Con la differenza che qui non nevica, e che nessuno sa com'è avere degli aghi puntati dietro la schiena. Heinrich Heine è lo spirito più vivo che io abbia incontrato qui