martedì 27 dicembre 2011

Sapori gustati e altri immaginati

Il liquorino al caffè dell'equo e solidale che ho in bocca mi fa ripensare ai buoninuovi sapori che mi si sono sventagliati intorno in questi ultimi giorni.
Primo da ricordare è il sapore dell'anguilla arrosto, questo pesce grasso e saporito cotto sul "fogone" come lo chiamano i miei zii di Fano.
Semplice, col limone, è da mangiare con le mani per riuscire a pulire bene la piccola ossatura all'interno. Cibo vigiliesco.

Secondo sapore insolito è un sapore immaginato, presentito diciamo. La ricetta dei datteri ripieni di mascarpone e noci consigliatami da un'amica. La metterò in atto? Non lo so, però tutto ciò mi ha dato un'iniezione di sud.

Il sapore precedente mi ha fatto inspiegabilmente venire voglia di un altro piatto, un po' meno meridionale. Così la sera me la sono presa: la pizza al gorgonzola! Lo so, non c'entra molto con i datteri mascarpone-noci, ma mi sono improvvisamente ricordata di fies, del campeggio, di gianlu che mi ha detto: prova questo mix, pizza gorgonzola e noci. Una delizia..
Perché associo il mascarpone al gorgonzola? Non ne ho idea, ma tante immagini per una sola acquolina in bocca. La pizza l'ho mangiata allo storico ristorante C'era una volta a Pesaro che, oltre a essere accogliente, e a offrire delle pizze giganti e buonissime, ha il gran pregio di restare aperto fino a tardi, anche dopo il cinema, quando si ha più fame che sonno.

Ritorno così a questi liquorini al caffè, provenienti da uno dei cesti di Natale (che bello regalare cesti!). Sono morbidi e il sapore di nocciola e di caffè forma tutta una crema senza pezzettini, per un cioccolatino spesso come una piccola montagna.
Il caffè da solo non lo prendo (che italiana insolita), però nei dolci lo uso e lo gusto, perché è meraviglioso.
Buoni gusti!

domenica 18 dicembre 2011

complainte di dicembre

Ogni sera, cosa fare
il calore resettare
srotolarsi sul lenzuolo
come morbido raviolo
Fare pace con il tempo
Fare rima con il lampo
Come questo, ventitr'anni
Tranne i giorni che ho passato
Fuori casa, o senza letto
Abbracciata ad un sonetto
Triste smania dicembrina
Fuori il tossir della brina
Sto normal-bighellonando in un intruglio
Che cos'altro potrei fare?
sono nata in luglio.

sabato 17 dicembre 2011

Transparent

Deux rêves,
Liés comme deux seins sur les paupières des anges
Et la poussière des astres
Me pousse à redire une bouffonne
trilogie:
oui,
non,
deux fois oui.
Et je perds la transparence des actes
libre: du liquide dans une cage
oui,
non,
deux fois oui.

Noi,
Soli senza specie
Che spingiamo un felice natale alle porte matte
Della seduce-nza, della mella cara-
Dell'alieno benessere
Una sfida per chiedersi:
Cosa faccio?
Perché faccio?

Deux rêves, chacun pour un pays.
Pas nécessaire (un pas nécessaire!) de regarder les autres
Mieux c'est d'écouter des chansons
Peut-être.

martedì 6 dicembre 2011

Dentro la notte lo spirito è attorniato, dopo un breve svuotamento di solitudine, in una poesia ho di nuovo fame. Si sveglia l'anima mia.
Bizzarra questa fame che prende esempio dall'illusione della notte.
La scienza è così deludente.

Ho avuto, in te, cari sfoghi di corpo. Per sempre lo ricorderò.
Tra un sorriso e l'altro delle passeggiate normali
Commerci di gente senza perché e senza sguardo.
La parola e il riverso.

La scienza è così deludente, e poche le persone che incontro
Perché incontro così pochi? Perché i visi sono sempre diversi
E non riempiono, non sono amici.

Sbagliato, sono ancora io,
Non evolvo non cambio
Finché non lo decide la mia mente.
Smetti, e svuota la scrivania.
Importante è vivere nascosti
Finché questa mia fronte non scoppi
Ho per te racconti migliori
Piacevoli come rime, non lugubri
Come questi vomiti.

Mi sono detta taci, ho fatto spazio
alla mia scrivania.
Ma ora che taccio, ora che c'è spazio
Non posso ancora smettere
Corro come se fossi un'anima nuda.

Le donne ancora mi attaccano panni addosso
Ma dove la trovo una rassegna stampa
Per i sogni semplici come questa parola:
Emozioni.
E se ancora non bastano cosa dirò
Agli spaziosi floreali gesti della dama
Vestita senza perdono e senza luce.

E quando anche la morte mi conduce
Tutti i fiori secchi attorno a me
Paiono prendere nuovi luciori
Nuove spugne di sapore.

Posso ancora comporre la mia tela
Che se ne andrà senza di me.

lunedì 5 dicembre 2011

Je gage

Je gage, monsieur le Ridicule. Gage-t-on?
Je gage qu'il n'y a eu d'existentialisme, en France,
Qu'a cause de ce "h" devant le mot: humanité.

Je gage encore, si vous permettez.
Je gage que ce qu'on ne gagne pas en argent
On le gagne en vie, en choix, en idées.

Je gage qu'il n'y aura pas d'enfant
Dans des mots trop vieillis
Et qu'on souffle pas la vérité
avec de la démocratie.

Je gage que la religion
C'est un fait acquis et que
Comme tous les faits acquis
Elle rassemble millions
d’hypocrisies.

Là, je risque.
Je gage que moi
Je resterais assise
Et que dans cette position
Je fairais du sexe avec le monde entier
Avec ma pensée, des paroles sèches.
Et des idées mouillées.

giovedì 1 dicembre 2011

Il faisait nuit

Il faisait nuit, le géant farouche ouvrit grand les volets derrière lesquelles l'enfant dormait, comme s'ils étaient l'emballage d'un sandwich très savoureux.
Il tournoya les yeux, puis il le vit. La nuit derrière répandait le bleu clair qui dénonce la pleine lune.
Il faisait rentrer ses doigt voraces à travers la fenêtre, quand tout à coup l'enfant se réveilla. Sans aucune peur l'enfant se mit debout sur son lit et regarda le géant dans l' œil droit.
Le géant disparut presque immédiatement sous ce regard.
Alors l'enfant satisfait s'allongea sur son lit, sa nuit ne fut plus dérangée.
Maintenant l'enfant est adulte, il doute d'avoir vu le géant, et il regarde dans la nuit vide la lune sur son œil droit.
"Qu'a-tu fais de lui?" Il semble demander, inquisiteur.

Ce qui reste

Que le hasard soit génie,
Que ma main marque le sable
Dans les consciences d'autrui.

Je veux devenir homme,
et puis devenir poète,
Quel bizarre trajet
Pour un triste métier.

Je sens dans mille poches
Des courtes flammes qui piquent.
Et si je pose ma roche
Sur l'océan des briques

Mille oiseaux qui chantent
Aux papillons gelés
(La neige de la montagne ne saurait pas toucher)
Repoussant de mille parts

M’empêchent de rester.
L'art qui va et vient, c'est mon Iphigénie.
Les mots qui vont mourir
Je les habille en fête.

Quelle peine à rassembler
Sans sentir la folie
Les sens qui vont s'enfuir
Aux noces qui habitent ma tête.
Qu'ils aillent écrire funestes
Sur le tombeau qui me reste :
« Voilà ce petit corps,
mort de mots, défiant de son sort.»

À Berlusconi

Idole idiot,
je te laisse
cette grêle promesse
de futurs cachots.

Ou bien, l'exile
napoléonien
Pour qu'on en soit certain :
T'es toi-même ta prison, imbécile.

Moi, je n'ai jamais mis
Sur mon âme indécis
Ton méprisable sillon.

Je n'ai pas de force
Pour suivre sans soucis
La pâle écorce de « Ton » Italie.

Sonetto del 1840 di de Musset (pubblicato più tardi col titolo "Tristesse") trad. di E.Della Martire

Perdei la forza e la vita
E i miei amici e la mia allegria;
Perdei persin la fierezza
Che faceva credere al mio genio.

Conosciuta la Verità
Credetti che fosse un'amica
Quando l'ebbi compresa e sentita
Mi aveva già disgustato.

Ed essa tuttavia è eterna,
Coloro che rinunciarono a lei
Di quaggiù hanno ignorato tutto.

Dio parla, bisogna che gli si risponda.
Il solo bene che mi resti al mondo
è di avere, qualche volta, pianto.