venerdì 9 settembre 2011

Aprile nella città lasciata (Elisa Della Martire)

Vìola l'aprile la viola
I fiori bandiere di dimenticanza
agli ubriachi che si perdon tra le giostre
sfarfallano addosso, e unge
l'oscurità dei mendicanti assetati
Addosso ai marciapiedi come
giacche a vento sgonfie.

Tutti i palazzi, i guardaroba addormentati
E i baffi e le stanze calde con i sigari
Ma soprattutto i libri protetti ed accucciati
Di qualche professore in fieri.
Ma fuori, chi spia dalla finestra
è una sconosciuta, oggi
E tutte le sconosciute che di notte
girano sono sole sembrano prostitute
Perché ti chiedi: dove va tanta bellezza
Sprecata?
Ed hai capito la fossa delle Marianne.

C'è il capitolo dei bambini:
il crocevia dei sogni soufflè
A pieni polmoni. Lì ti piace
Allentare il passo e ti ricordi di te
E non c'è mai letteratura di troppo nell'infanzia
I tuoi ricordi sono vapori di draghi
ormai non esistono, forse solo poco.
Finché qualcuno non li percepisce e ci crede.

Per una volta provi a entrare in quella porta,
che passandoci trovavi sempre aperta
Nell'aria si rilascia il tuo stato depravato
dolce delicato ladro di coccole buie.

Passi davanti alla pasticceria
E di nuovo l'odore di donne ti sembra niente
I dolciumi appena sfornati penetrano già il tuo corpo
Ma vedi non bastano le tue monetine,
bisogna entrarci senza scomporsi
In quel posto di esploratori.
Il cartoccio bianco e profumato
ricorda tua madre e un piccolo insegnamento.

Poi giungi alla piazza l'inizio del percorso domestico
Verso una camminata che sembra appartenerti
La luce è ormai sviata dai secondini
di quelle gabbie profonde. Tutti gli uccelli
che corrono cantano la vita anche qui.
Cantano a nome delle formiche e
degli spaventosi ratti che si nascondono.

Ti accorgi che sei una delle forme di vita
E torni a casa geloso le punta delle dita
Sfrigolanti di non sai ancora cosa
Ci bevi sopra acqua di fontana
Che trovi più scialba di una volta.
Cade un po' di zucchero a velo
E tu sali al portone di casa.

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