Lazzaro ti ho forse risorto!
Tornatene dentro, qui c'è ricevimento
Tornatene nascosto, qui c'è vento.
Osare tornare, e che cosa faccio
Con i mille elefanti rosa
Che ci sono in salotto?
Mica te li posso ridare.
Tornatene nel corpo
Non vedi che sei da solo?
Non ti basta il mio luna-park
Mi vuoi rovinare gli occhi?
Vasche e vascelli di pianto
Cucchiai di notti saltate
Chilometri di cortine abbassate
Per poterti tenere per sempre.
Capisco che dentro di me
Non sia bello come t'aspettavi
Ma da lì a uscire senza preavviso
Come osi presentarti qui!
E con le ossa come le mie
Camminare, alzare un braccio contro di me
Poi come il passato di una città gloriosa
colpirmi le palpebre.
Allontanati, che io possa camminare.
Prendere la rincorsa e mangiarti.
Scappa, perché se ti rivedo
Asciugarmi le lacrime con un dito
Ti condanno di nuovo al presente.
martedì 31 gennaio 2012
domenica 29 gennaio 2012
Ambrosia
Troppa ambrosia nel mio cestino
Scivola via nel prossimo mattino
Mentre ricordo, mentre il cielo cala
Porto corolle al sistema che si ammala
Alla sua tomba porto ali di porco
Al suo mistero un cinema esala
Le sue porte nelle quali mi ritorco
Come un sornione libretto di sala.
Guardo negli occhi, frusto il lettore
Che lì tranquillo con il fegato in mano
Vorrebbe il tetano della notte che muore,
Farsi fregare dal primo ciarlatano.
Vorrebbe i versi eseguire il dovere
Per il quale son nati:
Come incoscienti petali affilati
Seguire il feretro di ciò che muore.
Ma troppa ambrosia è nel mio cestino
Si sa, niente poesia nell'abbondanza
Non mi resta del tuo tè che il colino
Ma profuma ancora della tua stanza.
Scivola via nel prossimo mattino
Mentre ricordo, mentre il cielo cala
Porto corolle al sistema che si ammala
Alla sua tomba porto ali di porco
Al suo mistero un cinema esala
Le sue porte nelle quali mi ritorco
Come un sornione libretto di sala.
Guardo negli occhi, frusto il lettore
Che lì tranquillo con il fegato in mano
Vorrebbe il tetano della notte che muore,
Farsi fregare dal primo ciarlatano.
Vorrebbe i versi eseguire il dovere
Per il quale son nati:
Come incoscienti petali affilati
Seguire il feretro di ciò che muore.
Ma troppa ambrosia è nel mio cestino
Si sa, niente poesia nell'abbondanza
Non mi resta del tuo tè che il colino
Ma profuma ancora della tua stanza.
domenica 22 gennaio 2012
A oggi
Non mi piacciono le realtà già pronte
Mi piacciono quelle che devi cucire
E rattoppare.
Amo l'odore del vestiario usato
La domenica del mercato.
E le puzze che porta il vento
Perché son sempre cambiamento.
Non mi piaccion le maglie dei gruppi
Fatte invecchiare apposta
E lo chic radical moderno
Dell'eroismo senza gesta.
Non mi piace l'incoscienza
Del mio male e l'anestesia né
l'inconsistenza del parlare.
Non mi piace rinchiudermi in casa mia
dove tuttavia vorrei restare.
Non mi piace l'assenteismo dei professori universitari
Né tantomeno il presenzialismo dei militari.
Mi piace l'eccezione nella convinzione
E osservare un grosso scimmione
Così agile attraversare
La gabbia piccolina.
Per poi coprirsi la testa di paglia
e godersi la sua privacy.
Mi piacciono quelle che devi cucire
E rattoppare.
Amo l'odore del vestiario usato
La domenica del mercato.
E le puzze che porta il vento
Perché son sempre cambiamento.
Non mi piaccion le maglie dei gruppi
Fatte invecchiare apposta
E lo chic radical moderno
Dell'eroismo senza gesta.
Non mi piace l'incoscienza
Del mio male e l'anestesia né
l'inconsistenza del parlare.
Non mi piace rinchiudermi in casa mia
dove tuttavia vorrei restare.
Non mi piace l'assenteismo dei professori universitari
Né tantomeno il presenzialismo dei militari.
Mi piace l'eccezione nella convinzione
E osservare un grosso scimmione
Così agile attraversare
La gabbia piccolina.
Per poi coprirsi la testa di paglia
e godersi la sua privacy.
sabato 21 gennaio 2012
Il non detto
Non farne a meno.
Non posso farci niente
è saggio il suono della tua voce
è saggio il toccare dei tuoi palmi
è saggio il sospirare dei tuoi fruscii
è saggio lo assaggio sa di noi
E solo a chi dedico il suono
Dei, tuoi occhi...caduti sulle mani
Rotolano lungo i polsi
E abbracciano l'addormentata.
Che sogna, già, ancora, perché smettere?
Perché rivolgersi ad altri che a te.
Tutto quello che non diciamo rimane
E non se ne può fare a meno.
è saggio il suono della tua voce
è saggio il toccare dei tuoi palmi
è saggio il sospirare dei tuoi fruscii
è saggio lo assaggio sa di noi
E solo a chi dedico il suono
Dei, tuoi occhi...caduti sulle mani
Rotolano lungo i polsi
E abbracciano l'addormentata.
Che sogna, già, ancora, perché smettere?
Perché rivolgersi ad altri che a te.
Tutto quello che non diciamo rimane
E non se ne può fare a meno.
sabato 14 gennaio 2012
Che siano per te
Che siano per te pulcino
Questa valanga di rondini
Che resistano il cammino
Tra carrozze ed aeromobili
Non c'è più scelta: si vive
Il cuore non dà scampo
E la benedizione di chi scrive
Ti sia feconda come il foglio bianco.
Questa valanga di rondini
Che resistano il cammino
Tra carrozze ed aeromobili
Non c'è più scelta: si vive
Il cuore non dà scampo
E la benedizione di chi scrive
Ti sia feconda come il foglio bianco.
lunedì 2 gennaio 2012
Se ci si sente niente
Vattene tenerezza delle stagioni.
Col mio soffrire dal fondo normale
Ma la superficie particolare.
Doppia è la punta e doppie le griglie
Che usa l'artista per i suoi dipinti
E disegnandoci ci ha "estinti".
Nel dolore non spero più
Come fonte di virtù.
Nostalgia numero cinque
Mi congratulo con lei, ne
Ha collezionata un'altra.
Da una parte e dall'altra
Come una puttana.
L'unica cosa che cambia
sono io
Col mio soffrire dal fondo normale
Ma la superficie particolare.
Ora odio tutti i diari
vedo grame cose
La sera non è serena
Aggrappata al blu del muro
Che fa eco al grigio cielo
Ecco come un arrondissement
Rattoppa le ferite.
Ma vedo ancora alla stazione
Quel precario arrivederci
E mi sento niente di fronte all'attesa
D'una testa amica.
Batto i piedi e tolgo questa neve
Che tu non conoscerai mai.
Col mio soffrire dal fondo normale
Ma la superficie particolare.
Doppia è la punta e doppie le griglie
Che usa l'artista per i suoi dipinti
E disegnandoci ci ha "estinti".
Nel dolore non spero più
Come fonte di virtù.
Nostalgia numero cinque
Mi congratulo con lei, ne
Ha collezionata un'altra.
Da una parte e dall'altra
Come una puttana.
L'unica cosa che cambia
sono io
Col mio soffrire dal fondo normale
Ma la superficie particolare.
Ora odio tutti i diari
vedo grame cose
La sera non è serena
Aggrappata al blu del muro
Che fa eco al grigio cielo
Ecco come un arrondissement
Rattoppa le ferite.
Ma vedo ancora alla stazione
Quel precario arrivederci
E mi sento niente di fronte all'attesa
D'una testa amica.
Batto i piedi e tolgo questa neve
Che tu non conoscerai mai.
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