sabato 16 aprile 2011

I pesci di Hida



L'acqua si è seccata come una chewing gum americana, è rimasto solo un piccolo fiotto per far vivere la fantasia dei turisti. Ma un tempo ogni casa aveva il suo bacino, la sua vena, e qualsiasi persona del villaggio che approdasse a casa nostra veniva servita prima di tutto di un'abbondante caraffa. Noi bambini andavamo a riempirla, a gruppetti perché da soli era troppo pesante.
A casa mia si beveva molto, di mattina il succo di prugna freddo, nella pausa di lavoro gli adulti bevevano thè alla mandorla o al gelsomino, e la sera sempre una tazza di acqua pura, che i grandi spesso allungavano col sakè.
Ma il fiume non serviva solo per sopravvivere, ci si poteva navigare, o far navigare i nostri giocattoli di legno o di canna intagliata.
La mamma era diventata specialista nel lavare i panni senza gettare prodotti tossici nel fiume, glielo aveva insegnato il nonno, chimico esperto che aveva studiato a Tokio ed era anche andato in Europa.
Qualche sera ci parlava dell'Europa, delle grandi capitali e dei piccoli paesi come il nostro. Diceva che viaggiare era come ricominciare ogni volta da zero, come ritornare neonato. Ti metti persino a balbettare come un lattante perché non sai la lingua. Il nonno ha studiato tanto, su tanti libri. Ma lui ci ha detto che i libri non sono sufficienti per imparare, ed è per questo che noi gente di Hida avevamo il fiume.
Dal fiume ricevevamo benefici e noi dovevamo rispettarlo. Mia madre a volte la sera pregava rivolta alle acque e mio nonno non era contento. Diceva: "il nostro fiume dà già tutto sè stesso, che cosa gli domandi ancora?".
La mamma diceva che era solo per ringraziarlo ma io sapevo che quando il nonno era malato lei aveva domandato al fiume che non morisse.
Ora quando apro una bottiglia d'acqua mi chiedo che fine ha fatto quel fiume, dove sono le carpe colorate, dov'è la sorgente e dov'è il tempo. Forse è più sicuro chiudere l'acqua in queste bottiglie, forse siamo destinati a bere per sempre distillato di plastica, e a nuotare nelle nostre vasche da bagno.
Il sogno che ho fatto parlava di una famiglia di pesci, preoccupati perché un qualche parente era finito affumicato. Solo che i pesci parlavano e camminavano fuori dall'acqua. All'improvviso è arrivata un'onda gigantesca, gialla, li ha ricoperti tutti e loro sono morti soffocati. Una bambina-pesce riuscì a nuotare, nuotava con tutta la forza recitando delle formule magiche. Allora riapparve la riva e gli alberi di mandorlo, e mia madre che guarda lontano a me che sto sull'altra riva.
Da tempo sono emigrata. Ho una famiglia e adotto una lingua straniera. Ieri alla televisione ho visto il mio paesino che non c'era più, dei nomi di persone disperse scorrevano in sovraimpressione e, nelle poche immagini, delle carpe morte riempivano il fiume. Ho avuto un malore, la bottiglia che avevo in mano è caduta e tutta l'acqua si è versata sul pavimento. Quando mi sono risvegliata ero tutta bagnata stesa sul pavimento, e con le braccia mi misi istintivamente a nuotare, come facevo da bambina.

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