venerdì 1 aprile 2011

triste brezza

Mi alzai per quella giornata, volevo spremerla come un pomodoro maturo. Nel cielo un po' brumoso, mentre la primavera è calda e folle, i resti impercettibili dell'ennesima nube tossica entravano dentro il corpo.
Il posto in cui la vidi, mentre attorniavo la sua panchina con fare incerto e con le mani in tasca, era quello giusto. Le presi la mano e le chiesi di danzare.
Mai persona al mondo fu cosi' leggiadra, cosi' antica, e mai mi era venuta cosi' voglia di avvicinarmi al suo corsetto proibito, per annusarla.
Per finire si distese sul selciato intorno alla fontana, aveva i piedi nudi.
Dentro la mia testa quella specie di svenimento dell' incompiuto, e sentivo uno strano bruciore al naso.
Frugai dentro la tasca dei miei pantaloni e trovai un fazzoletto grigio, senza poesie scritte sopra.
Mi soffiai il naso e dentro il fazzoletto un fiotto rosso esplose come un fulmine. Come tratteggiate le gocce di sangue cadevano sul viso e poi al suolo, e allora mi pulii la bocca e anche dalla bocca usci' del sangue.
Mi appoggiai stremato a terra, come a voler prendere la posizione distesa, ma lei mi prese ancora per danzare di nuovo.
Il suo braccio si appoggio' ad un incavo della mia schiena che non avevo mai visto dal vero, nemmeno in foto. Cercai di fermarla ma era gia' troppo tardi, mi stava strappando un pezzo di carne, sempre continuando a danzare.
Danzammo tanto da poterne sentire la musica, quella musica straziante come una mutilazione, poi ci fermammo ad odorare le margherite.
Il loro polline saliva fino al mio cervello, credo, lei mi parlava senza muovere il volto, come una maschera funeraria.
Volli tornare sui miei passi prima che il suo ballo mi finisse completamente, ma non mi riuscii a discostare e, capendo che era giunta la mia ora, le insegnavo ad uccidermi con gentilezza.
Il suo tono di voce era afoso e non era una brava allieva, ma danzava, mio dio, come danzava...
Credo che non me ne andassi perché ero preso da tutto cio' che di forestiero c'era in lei, di foresto, di buio. Non me ne andavo, no, e per fare cosa?
Avrei più sentito il suono delle margherite che entravano una dentro l'altra?
Ma poi il tempo si esauri' e mia moglie mi ando' a riporre, come tutti gli anni, in quella che era da vent'anni la mia bara.

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