Un dolce nel forno sbruciacchia
La poeta, essa, ridacchia
Che fa, se tutto la sforacchia?
Fa i suoi esercizi di ginnastica.
Uno, due, le dita fanno fatica
tre, quattro, continua tradizione antica
Tutto ciò che per lei è fantasia
E' un ammasso di noia per la casa natìa.
Che fa, se tutto la siddìa?
Fa i giri di valzer del Leopardi
Una strofa, una rima, poi
Si fa tardi, qualcosa si crina.
Vuole esprimersi ancora, vuole i suoi
Rami d'alloro, e allora gli occhi leggono,
le mani con loro. Trova, per caso, un dono.
Non è perch'abbia un sopraffino naso,
o un orecchio buono. E' solo il caso.
Sogghigna. La musa la rincigna
Così per qualche attimo sincero
non è più un anatroccolo nero
Nella torva umanità.
Nell'ironia, nella perfetta malattia
Ignora del forno la cavità
Dove da ore una torta ormai stantìa
S'annerisce e si disfà.
domenica 30 ottobre 2011
sabato 29 ottobre 2011
Metafore farcite
Se apprezzassimo ciò che la vita ci dà già di autentico, senza per forza volere un altro precotto...cercare per divertirci dei conflitti che non c'erano prima, sfumando presto nel calderone tutte le nostre carte di plastica, che a bruciare puzzano ma bruciano, bruciano.
Come i cuochi fuori dal loro ristorante sentono lontano un miglio il suono della forchetta che sbatte le uova così i poeti sentono lontano un miglio il tintinnìo di un cuore che si spezza, sfottò di tutte le esperienze e le cosiddette "idee" precedenti che si infrangono e il cuore ritorna carne tagliata facilmente da una scheggia di ossidiana, che già così sembra il nome di una bella ragazza.
Ma anche questa ricerca della felicità non è più nulla, lo sguardo perfetto è quello della macchina, anzi della macchina da presa.
E.Munch nu parisien 1896
Come i cuochi fuori dal loro ristorante sentono lontano un miglio il suono della forchetta che sbatte le uova così i poeti sentono lontano un miglio il tintinnìo di un cuore che si spezza, sfottò di tutte le esperienze e le cosiddette "idee" precedenti che si infrangono e il cuore ritorna carne tagliata facilmente da una scheggia di ossidiana, che già così sembra il nome di una bella ragazza.
Ma anche questa ricerca della felicità non è più nulla, lo sguardo perfetto è quello della macchina, anzi della macchina da presa.
E.Munch nu parisien 1896
venerdì 21 ottobre 2011
parole
Non c'è nave che passi da una lingua all'altra senza affondare, i limiti sono così frastagliati che un traduttore dev'essere esperto nelle piccole scorciatoie alternative.
Il pericolo è di riconsegnare un'opera brutta, relativamente alle altre opere dell'autore dissonante e dissonante anche all'orecchio del più debole dei lettori.
Il nome del traduttore viene cercato più che altro per criticarlo, raramente per lodarlo, quindi allerta! Il lavoro del traduttore si struttura su due livelli principali:
1.Rendere il testo comprensibile e bello per coloro che non possono accedere all'originale, incuriosirli e spingerli ad approfondire.
2.Strizzare l'occhio a coloro che l'originale lo conoscono, e sbizzarrirsi ma sempre umilmente e coscientemente, come solo i poeti sanno fare.
Solo i poeti infatti trattano la lingua da innamorati. I traduttori di mestiere che però non sono poeti possono porsi da sposi, ma non saranno mai cavalier serventi, ed è davvero una fortuna che i cavalieri serventi non possano sposare se non raramente la dama che amano.
Il lavoro giusto sarebbe tuttavia garantito, suppongo, da un lavoro comune tra il traduttore di mestiere e il poeta, ma siccome il poeta non tende spesso a collaborare docilmente, il mondo si riempirà ancora per molto di cattive traduzioni dalle quali esala un costante senso di secchezza. Ammesso che non si parli di poeti che abbiano studiato (e che sappiano gestire alla pari con la vena poetica) anche la traduzione, ma è sempre difficile parlare di questo tipo di schizofrenia, perché sul genio c'è poco da dire.
La mia non è propriamente una critica, dev'esserci un senso, un profumo, in poche traduzioni e non in tutte, così potremo sempre orientarci e assorbire il sublime che sta dentro al senso della misura.
Anche la rabbia o la nausea per una cattiva traduzione deve spingere chi le percepisce a correggere il tiro, a donare un'alternativa, come una specie di wikipedia del pensiero, un format aperto, un teatro civico, un...
Mi vien da dire uno psicodramma, a questo punto, perché la filologia e la parola in particolare sono vere forme di nevrosi.
Il pericolo è di riconsegnare un'opera brutta, relativamente alle altre opere dell'autore dissonante e dissonante anche all'orecchio del più debole dei lettori.
Il nome del traduttore viene cercato più che altro per criticarlo, raramente per lodarlo, quindi allerta! Il lavoro del traduttore si struttura su due livelli principali:
1.Rendere il testo comprensibile e bello per coloro che non possono accedere all'originale, incuriosirli e spingerli ad approfondire.
2.Strizzare l'occhio a coloro che l'originale lo conoscono, e sbizzarrirsi ma sempre umilmente e coscientemente, come solo i poeti sanno fare.
Solo i poeti infatti trattano la lingua da innamorati. I traduttori di mestiere che però non sono poeti possono porsi da sposi, ma non saranno mai cavalier serventi, ed è davvero una fortuna che i cavalieri serventi non possano sposare se non raramente la dama che amano.
Il lavoro giusto sarebbe tuttavia garantito, suppongo, da un lavoro comune tra il traduttore di mestiere e il poeta, ma siccome il poeta non tende spesso a collaborare docilmente, il mondo si riempirà ancora per molto di cattive traduzioni dalle quali esala un costante senso di secchezza. Ammesso che non si parli di poeti che abbiano studiato (e che sappiano gestire alla pari con la vena poetica) anche la traduzione, ma è sempre difficile parlare di questo tipo di schizofrenia, perché sul genio c'è poco da dire.
La mia non è propriamente una critica, dev'esserci un senso, un profumo, in poche traduzioni e non in tutte, così potremo sempre orientarci e assorbire il sublime che sta dentro al senso della misura.
Anche la rabbia o la nausea per una cattiva traduzione deve spingere chi le percepisce a correggere il tiro, a donare un'alternativa, come una specie di wikipedia del pensiero, un format aperto, un teatro civico, un...
Mi vien da dire uno psicodramma, a questo punto, perché la filologia e la parola in particolare sono vere forme di nevrosi.
mercoledì 19 ottobre 2011
filastrocca
Giocare a palla
Contro una luna gialla
Fondare il sole
Su spiedini di titanica mole
Leccare il miele
Che esce da quei buchini
Per assaporare
l'addormentare breve dei bambini.
Contro una luna gialla
Fondare il sole
Su spiedini di titanica mole
Leccare il miele
Che esce da quei buchini
Per assaporare
l'addormentare breve dei bambini.
sabato 15 ottobre 2011
Ti stavo aspettando e
Per aspettare ho scritto una poesia
Per non fare uno sbaglio
Ho scritto una poesia riflessiva
Per non tremare di pazzia.
Tutto ciò che mi equilibra
gronda fuori dalla mia bocca
Ho nel petto come una valvola che vibra
E sono indefinita per chi non mi tocca.
Questo è il mio verso e la mia tavolozza
Tutto in me mi insegue, e se dimenticassi
Di cercarmi, il trucco cadrebbe
Come nel fiume cadono i sassi.
Se dimenticassi di conoscere i miei fianchi
Oppure la parte giocosa delle mie mani
Sarei lì lo stesso, ma oliosa,
Non credo che tutti riuscirebbero a vedermi
Cadrei come un vestito tinto di rosa
Sull'acqua che un tempo dava vita
A una città silente e lieve e coraggiosa.
Per aspettare ho scritto una poesia
Per non fare uno sbaglio
Ho scritto una poesia riflessiva
Per non tremare di pazzia.
Tutto ciò che mi equilibra
gronda fuori dalla mia bocca
Ho nel petto come una valvola che vibra
E sono indefinita per chi non mi tocca.
Questo è il mio verso e la mia tavolozza
Tutto in me mi insegue, e se dimenticassi
Di cercarmi, il trucco cadrebbe
Come nel fiume cadono i sassi.
Se dimenticassi di conoscere i miei fianchi
Oppure la parte giocosa delle mie mani
Sarei lì lo stesso, ma oliosa,
Non credo che tutti riuscirebbero a vedermi
Cadrei come un vestito tinto di rosa
Sull'acqua che un tempo dava vita
A una città silente e lieve e coraggiosa.
giovedì 13 ottobre 2011
martedì 11 ottobre 2011
E' il lutto che ci muove
dissero le spogliarelliste.
E i loro piccoli reggicalze
Scollano, mentre le lingue farfalle
Scorrono e tutti prendono versi
Perdono sensi insomma
S(u)ono di nuovo vuoti felici.
Perché il poeta non riesce
Appartato da quel mondo che risogna?
Ti basta solo un po' sbirciare
i bulbi dei piccoli seni,
I gusci delle loro gambe dove danzano
Di più,
Perché tu poeta non riesci?
Intrappolato nel crederti bello
Non sapresti seguire un ombelico
con un palmo di naso.
dissero le spogliarelliste.
E i loro piccoli reggicalze
Scollano, mentre le lingue farfalle
Scorrono e tutti prendono versi
Perdono sensi insomma
S(u)ono di nuovo vuoti felici.
Perché il poeta non riesce
Appartato da quel mondo che risogna?
Ti basta solo un po' sbirciare
i bulbi dei piccoli seni,
I gusci delle loro gambe dove danzano
Di più,
Perché tu poeta non riesci?
Intrappolato nel crederti bello
Non sapresti seguire un ombelico
con un palmo di naso.
profughi
Bluastre
Sono le navi cariche di terra
Di uomini rinfacciati dalla guerra
A sua madre il sole
che poco ha di madre se non
Il bruciore.
E lei, la guerra lo vede dormire
dopo averci allettati, noi mortali
rimboccatoci le coperte, si vede
Non ci crede neanche
A quel suo rotolarci in faccia.
Pensa la guerra.
Ma è lei che non capisce
Come sia possibile amarci.
Così pieni di terra
nelle case tristi galleggianti.
Sono le navi cariche di terra
Di uomini rinfacciati dalla guerra
A sua madre il sole
che poco ha di madre se non
Il bruciore.
E lei, la guerra lo vede dormire
dopo averci allettati, noi mortali
rimboccatoci le coperte, si vede
Non ci crede neanche
A quel suo rotolarci in faccia.
Pensa la guerra.
Ma è lei che non capisce
Come sia possibile amarci.
Così pieni di terra
nelle case tristi galleggianti.
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