venerdì 23 gennaio 2009

la Maschera

"La piena contrapposizione a sguardo è rappresentata dalla parola maschera.
La maschera, o larva, è qualcosa che ha una certa somiglianza col volto, che si presenta come volto, che si spaccia per volto, ed è preso per tale, ma che dentro è vuoto, sia nel senso materiale, fisico, sia quanto a sostanza metafisica.
(...)Nell'uso della parola (maschera) non dobbiamo badare per niente all'antica destinazione sacra delle maschere e all'accezione corrispettiva della parola stessa - larva, persona, pròsopon, ecc., perché allora le maschere non erano tali quali noi le concepiamo, bensì un genere di icone. Quando la sacralità si esaurì e decompose e il sacerdozio addetto al culto si estinse, allora da questo sacrilegio dell'antica religione nacque la maschera nel senso odierno, cioè come inganno intorno a ciò che di fatto non è, mistica soperchieria, che perfino nelle circostanze più frivole ha un certo sapore di terribilità.
E' caratteristico che la parola larva assumesse già per i Romani il senso di corpo astrale, di "vuoto" inanis, di impronta insostanziale lasciata dal morto, cioè di forza oscura, impersonale, vampiresca, che si mantiene grazie alla forza rianimante del sangue e d'un volto vivo, a cui questa maschera astrale possa attaccarsi, risucchiando e presentando questo volto come il proprio essere.
E' notevole che nelle più svariate dottrine si esprime perfino nella terminologia una completa uniformità quanto al principio fondamentale - della pseudorealtà di questi resti astrali: in particolare nella Cabbala si chiamano klippoth - gusci - come anche nella teosofia. Degno d'attenzione è anche il fatto che questo guscio senza nocciolo, questo vuoto pseudoreale ha sempre avuto per la saggezza popolare la caratteristica dell'impurità e del male. Ecco perché la tradizione tedesca come anche i racconti russi considerano come una forza impura gli interni vuoti, come il truogolo o l'albero cavo, privi di spina dorsale - questa base della forza del corpo, come pseudocorpi e quindi pseudorealtà; viceversa il dio del principio della realtà e perciò del bene, il dio Osiride era raffigurato in Egitto dal simbolo del djed, nel quale si ravvisa, come significato fondamentale, una rappresentazione schematica della spina dorsale di Osiride: ciò che è maligno e impuro è senza spina dorsale, cioè privo di sostanzialità, mentre il bene è reale e la spina dorsale è il fondamento della sua esistenza.
Ma affinché questa interpretazione non sembri arbitraria, ricordiamo E.Mach: egli nega un nucleo reale alla persona, una sua sostanzialità; ma ne sussiste la concezione dell'umanità e pertanto il ricercatore onesto deve riscontrarne la base psicologica. Mach la trova appunto in quella parte del corpo umano che non è accessibile all'esperienza esteriore che esso ha di se stesso: questa parte che trascende la vista, egli suppone non sia altro che la schiena e in particolare - la spina dorsale. Come si vede l'onesto positivismo portò questo arcipositivista al punto di partenza della psicologia tedesca - ai racconti fantastici di Cesario Heisterbach.
La malignità e l'impurità sono di norma prive di realtà autentica perché il reale è soltanto buono e tutto in esso è verace. Se il diavolo fu chiamato dal pensiero medievale "scimmia di Dio" e tentando di sedurre la prima gente diede il consiglio di: "diventare come dèi", cioè non dèi della sostanza, ma soltanto ingannevolmente, nell'apparenza, sarà in genere possibile parlare del peccato come scimmia, maschera, realtà apparenta cui manca la forza e l'essere.
L'essere dell'uomo è l'immagine di Dio e poiché il peccato ha compenetrato tutto il "tempio" del creato, secondo l'Apostolo la persona non soltanto non è l'espressione esterna dell'essere della persona, ma anzi cela quest'essere. La manifestazione fenomenica della persona ne estirpa il nucleo essenziale e così svuotandola ne fa un guscio."

da Pavel Florenskij (1882/1937) LE PORTE REGALI, trad. di Elémire Zolla

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