Un pover'uomo tra la brina e il vento passava
Battei sul mio vetro; lo vidi che aspettava
alla mia porta, che aprii civilmente.
Gli asini riportavano dal mercato la gente
Dei campi in groppa, accovacciata sui basti.
Era il vecchio che vive in una nicchia in fondo
alla salita, e sogna, aspettando, fuori dal mondo,
Un raggio del cielo triste, della terra i dorati resti,
Per l'uomo tendendo le mani, cingendole per Dio.
"Venga a scaldarsi un poco." Gli gridai io.
Come si chiama?" Mi disse: "Mi chiamo
Il povero." Gli presi la mano "Entri, brav'uomo."
Gli feci portare una scodella di latte.
Il vegliardo tremava di freddo; parlava di nuovo,
E gli rispondevo, pensoso e senza ascoltare.
"Il suo abito è bagnato, andiamolo ad appoggiare
Davanti al camino." Si avvicinò al fuoco.
Del suo mantello, mangiato dai vermi, ne restava poco,
un tempo blu, sparso ampiamente sulla calda fornace,
La luce di brace spizzicava mille buchi,
Copriva il focolare mio, e sembrava un cielo nero stellato.
E, mentre seccava quello straccio desolato
Dal quale scorreva la pioggia e l'acqua degli scoli,
Pensavo che quest'uomo fosse pieno di preghiere,
E guardavo, sordo alle nostre chiacchiere,
Il suo saio, tinto di costellazioni.
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