Scrivo molto, forse per evitare di addormentarmi e fare sogni come quello di ieri notte. Sono contenta di non scrivere a nessuno in particolare e di non impormi a nessuno in particolare. A qualcuno ci si rivolge sempre, certo.
Ma non sono in vena di fare riflessioni e d'altronde non ne sono neanche tanto capace. Ho un paio di cuffie gialle, traccia dell'autobus a due piani che gira per Parigi.
Tra una spiegazione turistica e l'altra danno canzoni come pasticche, e sempre quelle.
Ma il giro è bello e ancora di più perché ripensandoci mi ricordo della mia famiglia venuta a trovarmi.
Spero che qualcuno che non conosco un giorno mi scriva da un paese che non conosco, una frase nuova in una lingua che non conosco.
Ho in mente una sceneggiatura ma è qualcosa che più difficile da rappresentare non c'è.
Quindi la prendo con celia, sto bene di stomaco, ho mangiato solo una zuppa e una carota per cena, ma poi qualche biscotto e l'immancabile tazza di tè.
Eheh..no, non è il tè che non mi fa dormire. Era deteinato.
Semplicemente è che mi sento popolata. Avete mai l'impressione che qualcosa debba uscire da voi? E allora scrivo. E tendo a non declinare, solo ad assaggiare ricordi e momenti, come quella volta che ho osservato di soppiatto in un locale sulla spiaggia i genitori di un ex compagno di liceo cantare battisti come ragazzini.
So già questo: quel qualcuno che non conosco sarò io stessa, tra qualche decina di anni, qualche lingua in più e qualche significato in meno.
merde...la tristesse..
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