Una volta tutti i merli erano bianchi, immacolati come il latte.
Nei giorni 29 - 30 - 31 gennaio, una merla si lamentava con l'Inverno, sparlava come sparlano tutti i merli. "Perché sei così freddo?" diceva, parlando ad un cristallo sul ramo di pino.
"Perché non mi lasci in pace?" borbottava, parlando ad un gelone in mezzo al rosmarino. "Da quando è nato l'inverno" continuava a lamentarsi "Tremo tutta e rischio di morire, non trovo cibo né calore." quasi parlando a se stessa "Soprattutto questi tre giorni, che sono davvero i più freddi dell'anno."
L' Inverno, stanco di tutte queste lamentele, che arrivavano fino al suo castello di ghiaccio, si era proprio stufato.
E così, vedendo che la merla, quatta quatta, era appoggiata ad una tegola sbilenca, mise tutta la sua forza in uno sbuffo di vento, e la spinse giù, giù dentro un camino, dove la merla prese per sempre quel suo colore d'ebano. Ma scoprì anche una cosa utile.
Da quel giorno i merli se ne stanno, in quei tre giorni, sui tetti, a prendere quel po' di calore che spira dai camini accesi, e non muoiono di freddo durante l'inverno.
Ed è sempre da quel giorno che i giorni 29 - 30 - 31 gennaio di ogni anno vengono chiamati: i giorni della merla.
venerdì 30 gennaio 2009
venerdì 23 gennaio 2009
la Maschera
"La piena contrapposizione a sguardo è rappresentata dalla parola maschera.
La maschera, o larva, è qualcosa che ha una certa somiglianza col volto, che si presenta come volto, che si spaccia per volto, ed è preso per tale, ma che dentro è vuoto, sia nel senso materiale, fisico, sia quanto a sostanza metafisica.
(...)Nell'uso della parola (maschera) non dobbiamo badare per niente all'antica destinazione sacra delle maschere e all'accezione corrispettiva della parola stessa - larva, persona, pròsopon, ecc., perché allora le maschere non erano tali quali noi le concepiamo, bensì un genere di icone. Quando la sacralità si esaurì e decompose e il sacerdozio addetto al culto si estinse, allora da questo sacrilegio dell'antica religione nacque la maschera nel senso odierno, cioè come inganno intorno a ciò che di fatto non è, mistica soperchieria, che perfino nelle circostanze più frivole ha un certo sapore di terribilità.
E' caratteristico che la parola larva assumesse già per i Romani il senso di corpo astrale, di "vuoto" inanis, di impronta insostanziale lasciata dal morto, cioè di forza oscura, impersonale, vampiresca, che si mantiene grazie alla forza rianimante del sangue e d'un volto vivo, a cui questa maschera astrale possa attaccarsi, risucchiando e presentando questo volto come il proprio essere.
E' notevole che nelle più svariate dottrine si esprime perfino nella terminologia una completa uniformità quanto al principio fondamentale - della pseudorealtà di questi resti astrali: in particolare nella Cabbala si chiamano klippoth - gusci - come anche nella teosofia. Degno d'attenzione è anche il fatto che questo guscio senza nocciolo, questo vuoto pseudoreale ha sempre avuto per la saggezza popolare la caratteristica dell'impurità e del male. Ecco perché la tradizione tedesca come anche i racconti russi considerano come una forza impura gli interni vuoti, come il truogolo o l'albero cavo, privi di spina dorsale - questa base della forza del corpo, come pseudocorpi e quindi pseudorealtà; viceversa il dio del principio della realtà e perciò del bene, il dio Osiride era raffigurato in Egitto dal simbolo del djed, nel quale si ravvisa, come significato fondamentale, una rappresentazione schematica della spina dorsale di Osiride: ciò che è maligno e impuro è senza spina dorsale, cioè privo di sostanzialità, mentre il bene è reale e la spina dorsale è il fondamento della sua esistenza.
Ma affinché questa interpretazione non sembri arbitraria, ricordiamo E.Mach: egli nega un nucleo reale alla persona, una sua sostanzialità; ma ne sussiste la concezione dell'umanità e pertanto il ricercatore onesto deve riscontrarne la base psicologica. Mach la trova appunto in quella parte del corpo umano che non è accessibile all'esperienza esteriore che esso ha di se stesso: questa parte che trascende la vista, egli suppone non sia altro che la schiena e in particolare - la spina dorsale. Come si vede l'onesto positivismo portò questo arcipositivista al punto di partenza della psicologia tedesca - ai racconti fantastici di Cesario Heisterbach.
La malignità e l'impurità sono di norma prive di realtà autentica perché il reale è soltanto buono e tutto in esso è verace. Se il diavolo fu chiamato dal pensiero medievale "scimmia di Dio" e tentando di sedurre la prima gente diede il consiglio di: "diventare come dèi", cioè non dèi della sostanza, ma soltanto ingannevolmente, nell'apparenza, sarà in genere possibile parlare del peccato come scimmia, maschera, realtà apparenta cui manca la forza e l'essere.
L'essere dell'uomo è l'immagine di Dio e poiché il peccato ha compenetrato tutto il "tempio" del creato, secondo l'Apostolo la persona non soltanto non è l'espressione esterna dell'essere della persona, ma anzi cela quest'essere. La manifestazione fenomenica della persona ne estirpa il nucleo essenziale e così svuotandola ne fa un guscio."
da Pavel Florenskij (1882/1937) LE PORTE REGALI, trad. di Elémire Zolla
La maschera, o larva, è qualcosa che ha una certa somiglianza col volto, che si presenta come volto, che si spaccia per volto, ed è preso per tale, ma che dentro è vuoto, sia nel senso materiale, fisico, sia quanto a sostanza metafisica.
(...)Nell'uso della parola (maschera) non dobbiamo badare per niente all'antica destinazione sacra delle maschere e all'accezione corrispettiva della parola stessa - larva, persona, pròsopon, ecc., perché allora le maschere non erano tali quali noi le concepiamo, bensì un genere di icone. Quando la sacralità si esaurì e decompose e il sacerdozio addetto al culto si estinse, allora da questo sacrilegio dell'antica religione nacque la maschera nel senso odierno, cioè come inganno intorno a ciò che di fatto non è, mistica soperchieria, che perfino nelle circostanze più frivole ha un certo sapore di terribilità.
E' caratteristico che la parola larva assumesse già per i Romani il senso di corpo astrale, di "vuoto" inanis, di impronta insostanziale lasciata dal morto, cioè di forza oscura, impersonale, vampiresca, che si mantiene grazie alla forza rianimante del sangue e d'un volto vivo, a cui questa maschera astrale possa attaccarsi, risucchiando e presentando questo volto come il proprio essere.
E' notevole che nelle più svariate dottrine si esprime perfino nella terminologia una completa uniformità quanto al principio fondamentale - della pseudorealtà di questi resti astrali: in particolare nella Cabbala si chiamano klippoth - gusci - come anche nella teosofia. Degno d'attenzione è anche il fatto che questo guscio senza nocciolo, questo vuoto pseudoreale ha sempre avuto per la saggezza popolare la caratteristica dell'impurità e del male. Ecco perché la tradizione tedesca come anche i racconti russi considerano come una forza impura gli interni vuoti, come il truogolo o l'albero cavo, privi di spina dorsale - questa base della forza del corpo, come pseudocorpi e quindi pseudorealtà; viceversa il dio del principio della realtà e perciò del bene, il dio Osiride era raffigurato in Egitto dal simbolo del djed, nel quale si ravvisa, come significato fondamentale, una rappresentazione schematica della spina dorsale di Osiride: ciò che è maligno e impuro è senza spina dorsale, cioè privo di sostanzialità, mentre il bene è reale e la spina dorsale è il fondamento della sua esistenza.
Ma affinché questa interpretazione non sembri arbitraria, ricordiamo E.Mach: egli nega un nucleo reale alla persona, una sua sostanzialità; ma ne sussiste la concezione dell'umanità e pertanto il ricercatore onesto deve riscontrarne la base psicologica. Mach la trova appunto in quella parte del corpo umano che non è accessibile all'esperienza esteriore che esso ha di se stesso: questa parte che trascende la vista, egli suppone non sia altro che la schiena e in particolare - la spina dorsale. Come si vede l'onesto positivismo portò questo arcipositivista al punto di partenza della psicologia tedesca - ai racconti fantastici di Cesario Heisterbach.
La malignità e l'impurità sono di norma prive di realtà autentica perché il reale è soltanto buono e tutto in esso è verace. Se il diavolo fu chiamato dal pensiero medievale "scimmia di Dio" e tentando di sedurre la prima gente diede il consiglio di: "diventare come dèi", cioè non dèi della sostanza, ma soltanto ingannevolmente, nell'apparenza, sarà in genere possibile parlare del peccato come scimmia, maschera, realtà apparenta cui manca la forza e l'essere.
L'essere dell'uomo è l'immagine di Dio e poiché il peccato ha compenetrato tutto il "tempio" del creato, secondo l'Apostolo la persona non soltanto non è l'espressione esterna dell'essere della persona, ma anzi cela quest'essere. La manifestazione fenomenica della persona ne estirpa il nucleo essenziale e così svuotandola ne fa un guscio."
da Pavel Florenskij (1882/1937) LE PORTE REGALI, trad. di Elémire Zolla
(due gennaio 2008)
Qui disturbate, ci stiamo esercitando. Disse tingendosi le guance di blu, un blu pieno, quasi si faticasse a riconoscerlo come blu. In tanto coi suoi occhi pensava:
"Un lavoro...Allora sì, qualche tempo fa, avrei avuto bisogno di un lavoro ai minimi termini, di quelli che stanno scomparendo...sì, come il capotreno o l'addetto alle videoteche. Un lavoro che ancora mi avrevve permesso di...sì.."
Si intossicò leggermente con la cipria. Tossì in modo molto più teatrale temendo che un bambino stesse guardando. Ai suoi lati, e tutto intorno a lui, l'arno, ancora i due chitarristi che improvvisavano guardandosi le dita a vicenda, il fabbricante di parrucche di fiori, quello coi calici di fuoco..e, più in fondo, le fanciulle del vino che si divertivano a leggere la mano ai passanti.
"Che razza di divertimento.." pensò ancora. E girò le spalle come da bambino aveva immaginato fare da un eroe di romanzo.
In fondo..non era poi un mestieraccio. Pensava ancora, scoprendo una bambina quasi sepolta nella sua carrozina, gli occhietti vispi e sufficientemente attenta da pensare che stesse incidendo nella sua memoria proprio lui.
"Noi siamo artisti di strada, qui disturbate, ci stiamo esercitando.." Declamava burberamente il Mangiafuoco, fingendo di scacciare i bambini che ridevano da matti.
Diceva, e fagocitava aria, preparando l'attesa sublimandola in un colore amarantino.
"Un lavoro...Allora sì, qualche tempo fa, avrei avuto bisogno di un lavoro ai minimi termini, di quelli che stanno scomparendo...sì, come il capotreno o l'addetto alle videoteche. Un lavoro che ancora mi avrevve permesso di...sì.."
Si intossicò leggermente con la cipria. Tossì in modo molto più teatrale temendo che un bambino stesse guardando. Ai suoi lati, e tutto intorno a lui, l'arno, ancora i due chitarristi che improvvisavano guardandosi le dita a vicenda, il fabbricante di parrucche di fiori, quello coi calici di fuoco..e, più in fondo, le fanciulle del vino che si divertivano a leggere la mano ai passanti.
"Che razza di divertimento.." pensò ancora. E girò le spalle come da bambino aveva immaginato fare da un eroe di romanzo.
In fondo..non era poi un mestieraccio. Pensava ancora, scoprendo una bambina quasi sepolta nella sua carrozina, gli occhietti vispi e sufficientemente attenta da pensare che stesse incidendo nella sua memoria proprio lui.
"Noi siamo artisti di strada, qui disturbate, ci stiamo esercitando.." Declamava burberamente il Mangiafuoco, fingendo di scacciare i bambini che ridevano da matti.
Diceva, e fagocitava aria, preparando l'attesa sublimandola in un colore amarantino.
giovedì 22 gennaio 2009
Che senso ha il passato in un blog?
E' carta da riciclare,
è una valigia aperta,
è un silenzio da salvaguardare,
è un'icona che non si può commentare,
è un pulsante da cliccare,
è la mano di un'amante passata
smaniosa di cercarne un po' di più
è la verità, a poco a poco erosa.
Cos'è più?
E' l'istante,
è quello a cui ci piace appartenere
è l'opprimente cadere
è il matrimonio di un fallace sentimentale
con la tua testa, pregevole scorza
di limone su un termosifone.
è una valigia aperta,
è un silenzio da salvaguardare,
è un'icona che non si può commentare,
è un pulsante da cliccare,
è la mano di un'amante passata
smaniosa di cercarne un po' di più
è la verità, a poco a poco erosa.
Cos'è più?
E' l'istante,
è quello a cui ci piace appartenere
è l'opprimente cadere
è il matrimonio di un fallace sentimentale
con la tua testa, pregevole scorza
di limone su un termosifone.
Verdena (dall'album Requiem, 2007)
Non cresci più, a tratti è normale,
Non si arrende più, il mio cuore
Cosa ti resta?
Il folle ride, penso a lei
Accorgersi di vivere nell'estasi
Cose che accadono qui
Il paradiso, è lei e non ho più rocce leggere ormai
My mind
Come puoi vivere a testa in giù
Come puoi vivere a testa in giù
Veglia in un sogno
Il paradiso è lei e non c'è più luce, per guardarci ormai
Cieca, il buio sole disinfesta
Gli alberi cadono al suolo
Riuscirò, se mi tiri giù, non riuscirò
Non respiri più, non riuscirò
Non riuscirò?
Come puoi vivere a testa in giù
Come puoi vivere a testa in giù
Trinità del Masaccio (Firenze)
Non cresci più, a tratti è normale,
Non si arrende più, il mio cuore
Cosa ti resta?
Il folle ride, penso a lei
Accorgersi di vivere nell'estasi
Cose che accadono qui
Il paradiso, è lei e non ho più rocce leggere ormai
My mind
Come puoi vivere a testa in giù
Come puoi vivere a testa in giù
Veglia in un sogno
Il paradiso è lei e non c'è più luce, per guardarci ormai
Cieca, il buio sole disinfesta
Gli alberi cadono al suolo
Riuscirò, se mi tiri giù, non riuscirò
Non respiri più, non riuscirò
Non riuscirò?
Come puoi vivere a testa in giù
Come puoi vivere a testa in giù
Trinità del Masaccio (Firenze)
mercoledì 21 gennaio 2009
Le chiavi
Perché aprirci con la chiave del pensiero
che scopre milioni di vittime sacrificali
massacrate a morte e ben disposte in ordine
Come pronte e sicure che saremmo arrivati
a vederle di nuovo.
Perché svelarci attraverso i sentimenti
e per la noia strappare a chi abbiamo amato
la sindone dove avevamo impressa la nostra immagine.
Come pretendendo di levarci di torno così
E ad ogni incrocio casuale di sguardi arrendersi.
Solo un'opera silenziosa d'arte o di
pasticceria, che certo qualcuno se la mangia a
colazione, ma poi scorre via senza pretese
Per essere affiancata ai bei ricordi
Per essere cantata alle cene coi morti.
che scopre milioni di vittime sacrificali
massacrate a morte e ben disposte in ordine
Come pronte e sicure che saremmo arrivati
a vederle di nuovo.
Perché svelarci attraverso i sentimenti
e per la noia strappare a chi abbiamo amato
la sindone dove avevamo impressa la nostra immagine.
Come pretendendo di levarci di torno così
E ad ogni incrocio casuale di sguardi arrendersi.
Solo un'opera silenziosa d'arte o di
pasticceria, che certo qualcuno se la mangia a
colazione, ma poi scorre via senza pretese
Per essere affiancata ai bei ricordi
Per essere cantata alle cene coi morti.
Invidia (12/06/2008)
E dopo il pasto ha più fame che pria(dante)
Che fatica vivere con gente
mattiniera con nessun vezzo che quello
di prender possesso della mattina,
svegliarsi prima, levarsi i salmi
come dal collo una bianca brina,
farsi la barba tutti i giorni, poi aspettar
la propria figlia che torni per
riempirla di cure e d'attenzione
e quando viaggia darle la benedizione.
Preferisco l'amore dato di notte,
col caffè d'orzo e una canzone,
coi sogni aperti mescolarsi a Belzebù
come se non dovessi risvegliarti più.
Svegliarsi, certo, per mezzogiorno, ora pacata,
la marmellata che gli altri dormono,
perché han pranzato. L'umanità ha
il suo ricambio, viver la sera
più che ogni cosa. Sentirsi a casa,
sprofondar solo lungo
la schiena di una notte burrascosa.
Amo i riflessi neri della rosa.
Qualcosa che ho riletto
La vita è una straniera
ché anche se sta fuori di te
all'inizio, poi evapora e
diventa profumo.
Diventa un'inebriante
ragazza in ascolto al porto
dove passano i tuoi sforzi
Che anche se senti che cresce,
essendo straniera non sai davvero
Cosa mangia:
ti illudi che si nutra
proprio di te.
ché anche se sta fuori di te
all'inizio, poi evapora e
diventa profumo.
Diventa un'inebriante
ragazza in ascolto al porto
dove passano i tuoi sforzi
Che anche se senti che cresce,
essendo straniera non sai davvero
Cosa mangia:
ti illudi che si nutra
proprio di te.
sabato 17 gennaio 2009
Mais sauver l'imagination!
venerdì 16 gennaio 2009
Effacer l'image de moi-meme
Appilan pappilan apupapin papupata pankolla kiehuu ja kuohuu. Pappilan paksuposki piski pisti paksun papukeiton poskeensa (SCIOGLILINGUA FINLANDESE)
ce que je suis, jusqu'au fond, je m'en fous.
entendre les vagues secouer les rochers, ..seulement ça.
comprendre, par tout, les millimètres d'absence de la touche, puis le pouvoir de resistance.
entre rochers et vent:
flot, flot...s'amollit, comme un souffle, ton nom, différent. Pour toujours dissipé. S'amoncèle
et voilà ce blog nu. Noisetier de circonstances. d'arrivées...dans plus de voyages.
ce que je suis, jusqu'au fond, je m'en fous.
entendre les vagues secouer les rochers, ..seulement ça.
comprendre, par tout, les millimètres d'absence de la touche, puis le pouvoir de resistance.
entre rochers et vent:
flot, flot...s'amollit, comme un souffle, ton nom, différent. Pour toujours dissipé. S'amoncèle
et voilà ce blog nu. Noisetier de circonstances. d'arrivées...dans plus de voyages.
mercoledì 14 gennaio 2009
Quando
Ma l’ho messo lì, lì per essere raccolto
Col bordo ritorto proprio
Per non essere dimenticato
L’avranno preso? L’avranno buttato?
Dov’è più quel posto non ricordo?
Dov’è il mio posto? Quello su cui
Amavo raccogliere le gambe
Non ricordo.
L’avranno dimenticato? L’avranno raccolto?
Dov’è il posto?
Sotto altre gambe, ora oppure..
È da solo, io
Col foglio in mano, aggrappato.
Il posto? O il foglio? O io?
martedì 13 gennaio 2009
La farsa del forse
Quando guardo dormire il monaco
quello si allarma dentro di me
E scopro che il suo sonno non è che una scena
in cui deve far finta di respirare forte.
Se lo lascio stare lì forse
non mi udirà accenderà i sogni
come al cinema, lasciando andare
questo fatto informale della morale.
Se sciupo la farsa del monaco
La sua severità potrebbe superare la mia
verità, allora ho comperato un teatro
dove può stare senza offesa.
Generalmente ingenuo, il pubblico
va lo stesso a fomentare la sua follia
ed ingannare l'attesa.
Però quando io guardo dormire il monaco
provo un brivido lungo la schiena
quello si allarma dentro di me
e scopro che il suo sonno non è che una scena.
Che non c'è una persona nel pubblico
e torna a ripetermi quella frase
nascosta fra i suoi respiri pesanti
e non c'è una persona nel pubblico.
quello si allarma dentro di me
E scopro che il suo sonno non è che una scena
in cui deve far finta di respirare forte.
Se lo lascio stare lì forse
non mi udirà accenderà i sogni
come al cinema, lasciando andare
questo fatto informale della morale.
Se sciupo la farsa del monaco
La sua severità potrebbe superare la mia
verità, allora ho comperato un teatro
dove può stare senza offesa.
Generalmente ingenuo, il pubblico
va lo stesso a fomentare la sua follia
ed ingannare l'attesa.
Però quando io guardo dormire il monaco
provo un brivido lungo la schiena
quello si allarma dentro di me
e scopro che il suo sonno non è che una scena.
Che non c'è una persona nel pubblico
e torna a ripetermi quella frase
nascosta fra i suoi respiri pesanti
e non c'è una persona nel pubblico.
Agitezza e stanchitazione 11/01/2009
Queste dita, vorrebbero essere da tutt'altra parte, piuttosto che addosso alla penna. Ma non ci posso fare niente se la notte rallenta l'avvenire, rendendo difficile vedere e sapere.
Tutti i pensieri hanno fatto la muffa delle preoccupazioni sulle pareti della mia testa, e non mi sembra di poter prendere sonno senza fare ancora un'ultima cosa.
La verità si sentirà più nelle mie attività della notte o in quelle del giorno? Ora che il danno del mio essere sveglia è già avanzato ho visioni di dita nere e percezioni di rumori inesistenti.
Il torsolo di ciò che mi è rimasto dal giorno ora me lo vorrei ficcare dentro, divorarlo come faccio con molto di ciò che è fuori da me.
Le finzioni e le superfici vengono rigurgitate dal sogno ancor prima del suo sopraggiungere, e cambio la realtà proprio quando non m'è piaciuta. Il commestibile esercito dei miei scandali diventa pari, cioè senza un alfiere. Un comandante.
Eppure ancora muovo la piroga come se, incagliata nella nebbia, dovessi avere una missione, forse...portare in salvo delle anime morte. Oppure...qualcosa di cui non trovo l'uguale, qualcosa che, pur con le leggi di una volta, sia opprimosamente nuovo.
Ma nuovo si avvicina troppo al vuoto, che non saprei affrontare.
Le parole caricano già qualcosa e seguo la loro strada pure se esse mi rovinano le ruote, pure volando, ogni tanto.
Più di questo...non so, forse ci sarà chi scrive più spesso ma io solo ora mi sono inalberata in questa sensazione, solo ora sono una macchia zuppa in un vestito gonfio di pioggia che danza sopra un campo di papaveri.
E noi, che di giorno non siamo che queste cose delicate, papaveri, e ruggiamo al teatrale andare e venire del sole sempre ben truccato e bravo attore.
Noi, cadiamo sotto cascate di acqua, libri dello spirito, e ci inventiamo un paradiso, e una passione che riscalda le ossa, ma un pensiero che le raggela, ed un istinto che le fa stridere.
Tutto questo nella notte.
E mi domandano come stai e un sasso mi cresce sulla pancia per appiattirmi bene al letto. Forse "stare" era la soluzione.
Ma per fortuna ora c'è silenzio, non ci sono domande, e la trappola del foulard nero di ombre che ti scorre addosso. Perché è una trappola, un continuare qualcosa che sappiamo benissimo di poter fare domani.
Tutti i pensieri hanno fatto la muffa delle preoccupazioni sulle pareti della mia testa, e non mi sembra di poter prendere sonno senza fare ancora un'ultima cosa.
La verità si sentirà più nelle mie attività della notte o in quelle del giorno? Ora che il danno del mio essere sveglia è già avanzato ho visioni di dita nere e percezioni di rumori inesistenti.
Il torsolo di ciò che mi è rimasto dal giorno ora me lo vorrei ficcare dentro, divorarlo come faccio con molto di ciò che è fuori da me.
Le finzioni e le superfici vengono rigurgitate dal sogno ancor prima del suo sopraggiungere, e cambio la realtà proprio quando non m'è piaciuta. Il commestibile esercito dei miei scandali diventa pari, cioè senza un alfiere. Un comandante.
Eppure ancora muovo la piroga come se, incagliata nella nebbia, dovessi avere una missione, forse...portare in salvo delle anime morte. Oppure...qualcosa di cui non trovo l'uguale, qualcosa che, pur con le leggi di una volta, sia opprimosamente nuovo.
Ma nuovo si avvicina troppo al vuoto, che non saprei affrontare.
Le parole caricano già qualcosa e seguo la loro strada pure se esse mi rovinano le ruote, pure volando, ogni tanto.
Più di questo...non so, forse ci sarà chi scrive più spesso ma io solo ora mi sono inalberata in questa sensazione, solo ora sono una macchia zuppa in un vestito gonfio di pioggia che danza sopra un campo di papaveri.
E noi, che di giorno non siamo che queste cose delicate, papaveri, e ruggiamo al teatrale andare e venire del sole sempre ben truccato e bravo attore.
Noi, cadiamo sotto cascate di acqua, libri dello spirito, e ci inventiamo un paradiso, e una passione che riscalda le ossa, ma un pensiero che le raggela, ed un istinto che le fa stridere.
Tutto questo nella notte.
E mi domandano come stai e un sasso mi cresce sulla pancia per appiattirmi bene al letto. Forse "stare" era la soluzione.
Ma per fortuna ora c'è silenzio, non ci sono domande, e la trappola del foulard nero di ombre che ti scorre addosso. Perché è una trappola, un continuare qualcosa che sappiamo benissimo di poter fare domani.
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